SUMMER OPEN SEA KAYAK EXPEDITION...

Fin dalla prima volta che ci siamo avventurati sul Mar Egeo, abbiamo fantasticato di pagaiare per un lungo periodo tra le sue innumerevoli isole... senza avere l'assillo di dover finire nel tempo a disposizione quello che ci eravamo prefissati.
Ora questa aspettativa si è concretizzata: il viaggio inizia a fine giugno con un biglietto di sola andata...
Quando avremo finito le Isole Cicladi... torneremo a casa...
Tatiana e Mauro

Please use the translator on the left.
We're paddling most of the day and we don't have enough time to translate every single post...
We're confident you understand our position!


mercoledì 31 agosto 2016

Check-in/OK messaggio dal Tatiyak SPOT Localizzatore SPOT Personal Tracker

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Posizione GPS Data/Ora:08/31/2016 18:40:27 CEST

Messaggio:Cicladi Kayak Tour 2016.
Stiamo bene e il viaggio prosegue come programmato...

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martedì 30 agosto 2016

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lunedì 29 agosto 2016

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domenica 28 agosto 2016

Ios, l'isola delle due facce

Mercoledì 24 agosto 2016 - 62° giorno di viaggio
Agia Irini, Thirasia - Ormos Manganari, Ios (25 km)
Vento NW 5-6 nodi (F2) - Mare da mosso a poco mosso - Temperatura 25°C
E invece anche Thirasia ci riserva delle brutte sorprese.
Mentre siamo nell'unica taverna del porto a gustare la moussaka di melanzane e lo tzatziki fatto in casa più saporiti del viaggio, mentre i due gestori panciuti e rubicondi ci intrattengono con lunghe conversazioni in greco sul nostro giro in kayak e a fine cena ci regalano una bottiglia del loro vino bianco (buonissimo!), mentre brindiamo tutti insieme a raki per ben quattro volte, ripetendo "Yamas" ogni volta a voce più forte... beh, qualcun altro ha di nuovo "smanacciato" i nostri due kayak!
Ha aperto tutti i gavoni ed i pozzetti, spostato per bene ogni cosa e... lasciato tutto al suo posto! All'appello manca solo il costume di Mauro, quello a strisce bianche e blu come la bandiera greca. Più che un ladro, forse un feticista.
Quando però realizzo che è sparita anche una metà della mia pagaia divisibile mi prende un attacco isterico in piena regola: piango, urlo e strepito, gesticolo nella notte, mi sbraccio all'impazzata, divento una strega indiavolata che inveisce contro tutto e contro tutti. Finché Mauro non torna con la mia mezza pagaia di riserva, trovata dieci minuti dopo a dieci metri dai kayak sepolta sotto dieci centimetri di posidonia.
Boh! Un dispetto? Un avvertimento? Una ragazzata? Mistero!
Quei dieci minuti sono sufficienti a toglierci dieci giorni di vita: quelli trascorsi ad Anafi in terapia intensiva, quelli che ci sono serviti per strapparci di dosso la brutta sensazione del (pen)ultimo furto, quelli in cui abbiamo sperato con tutto il cuore che Santorini ci lasciasse un ricordo migliore.
Siamo sfatti.
La notte è insonne, nonostante il letto di posidonia più morbido e confortevole di sempre.
Ho incubi ricorrenti in cui torno a fare l'avvocato per mandare in galera tutti i ladri di costumi da bagno ed ogni volta che mi sveglio di soprassalto e madida di sudore trovo Mauro che, con la scusa dei quattro giri di raki, è la fuori che gironzola intorno alla tenda per controllare i kayak.
Al mattino siamo due pelli di stracchino.
Tornare verso casa: ecco il pensiero che ci aiuta a recuperare un minimo di spirito positivo.
Lasciarci il kaos di Santorini alle spalle e risalire le Cicladi orientali per fare lentamente ritorno verso casa!

La traversata da Santorini a Ios ci impensierisce da giorni perché è la prima che dobbiamo affrontare verso nord, controvento. Ed il Meltemi stamattina s'è svegliato più agguerrito di noi. Che siamo ancora più determinati a lasciare Santorini una volta per tutte!
Stiamo controllando le previsioni meteo-marine in continuazione, adesso ogni ora, ed i tre siti internet di riferimento sono tutti concordi nel concederci proprio oggi una buona finestra di bel tempo: vento in attenuazione e mare poco mosso ma... a guardare là fuori non sembra proprio che le cose stiano esattamente così.
Lo stretto tra Santorini e Thirasia è tutto imbiancato di frangenti, onde poderose raggiungono la nostra spiaggia rendendo l'imbarco pressocché impossibile e a giudicare dal trambusto generale sembra quasi che oggi non si possa andare proprio da nessuna parte.
Ma noi vogliamo andare via da Thirasia ad ogni costo, tanto che iniziamo a pensare di poter anche pagaiare per dieci ore contro vento, pur di raggiungere Ios, oppure di saltare al volo su uno di questi traghettini che di tanto in tanto attraccano in porto.
Scegliamo invece la nostro solita strategia marinara: aspettiamo.
Ogni ora, dalle nove a mezzogiorno, scrutiamo il mare per controllarne lo stato e per capire se qualcosa cambia e come e quanto... In effetti, con quattro ore di ritardo sulle previsioni, il Meltemi cala di botto, le onde pure e noi in mezz'ora siamo in kayak.
E in cinque ore e mezza arriviamo ad Ios!
La traversata sembra la copia rovesciata dell'altra.
Per la prima ora le onde incrociate ci fanno scodinzolare parecchio e ci costringono a continui aggiustamenti della rotta. Poi il vento aumenta del tutto inspiegabilmente, visto che le previsioni lo davano in attenuazione: il Meltemi riprende ad imbiancare di nuovo tutto il canale tra le isole. ma senza impensierirci troppo, perché nonostante spruzzi e frangenti, noi continuiamo ad avanzare a cinque chilometri orari come se niente fosse. Poi passa un unico traghetto ma talmente distante dalla nostra rotta da poterlo trascurare, mentre ci mette in agitazione un velista troppo curioso che, forse per leggere la marca delle barrette di sesamo e pistacchio che stiamo sgranocchiando, si avvicina un po' troppo ai nostri due kayak zatterati: vuole solo sapere se va tutto bene, ci augura buon viaggio e prima di riprendere la sua rotta ci fa notare con le mani che il mare "Is too rough!".
Grazie, lo vediamo anche da noi che le onde si stanno gonfiando sempre di più, tanto che nel breve intervallo di dieci minuti dedicato alla nostra pausa pranzo delle tre del pomeriggio deriviamo di oltre cinquecento metri. Ma siamo ormai nel bel mezzo della traversata e non possiamo fare altro che proseguire, sfruttando quel sali-scendi tra le onde per avanzare verso Ios, sempre e comunque a cinque chilometri orari.
Poi entriamo finalmente nel cono d'ombra dell'isola e tutto si placa, vento e onde cessano come d'incanto e per l'ultima ora pagaiamo risoluti e tranquilli verso la nostra meta finale, accolti da numerose berte che si librano in festa a pochi metri dai nostri kayak, come a volerci dare il benvenuto su Ios.
Conosciamo la baia, riconosciamo subito la "nostra" cala, ritroviamo anche la sua aura magica.
Sbarchiamo presto, poco dopo le cinque di pomeriggio: abbiamo tutto il tempo per rimetterci in sesto. Ci facciamo uno shampoo, una toletta completa di manicure e pedicure, una messa in piega sotto i raggi dell'ultimo sole, una sabbio-crematura e un'altra serie di piccole attenzioni per lavar via gli ultimi residui malumori che ancora provano a restarci attaccati addosso da Santorini.
Ceniamo presto e una volta in tenda ci arrivano le drammatiche notizie del terremoto in Italia centrale: di fronte a questi tragici eventi collettivi i nostri piccoli drammi personali svaniscono all'istante.

Appena oltre Ormos Manganari, sulla costa orientale di Ios
Le belle spiagge deserte dell'isola di Ios
Il vecchio Paliokastro sulla collina
La seconda visita alla Chora di Ios
Al tramonto verso il capo settentrionale di Ios

Giovedì 25 agosto 2016 - 63° giorno di viaggio
Ormos Manganari - Ormos Agia Theodotis, Ios (22 km)
Vento NW 10-15 nodi (F4) - Mare da poco mosso a mosso - Temperatura 25°C 
Risveglio lento, come piace a noi.
Mauro dedica lunghi momenti alla manutenzione delle derive per sostituire i cordini ormai lisi.
Facciamo una seconda colazione all'ombra del "nostro" ginepro coccolone e soltanto all'ora di pranzo ci mettiamo in kayak per riprendere ad esplorare verso nord l'isola di Ios.
La costa orientale è bella come quella occidentale, se non forse di più. E' disabitata e costellata di spiagge idilliache e deserte, incassate in baie rocciose lambite da acque cristalline. Ios ha una fama immeritata, tutta discoteche e droghe e inquinamento, mentre dal mare offre un panorama invidiabile e tanti piccoli angoli tranquilli.
E' un piacere andare alla scoperta di quest'isola, specie oggi che non abbiamo alcun programma predefinito, se non provare a raggiungere la spiaggia di Agia Theodotis perché dobbiamo fare rifornimento di acqua e viveri e contiamo sul market del campeggio segnato sulla mappa.
Facciamo una sosta per il pranzo su una lunga spiaggia dorata aperta a mezza luna ai piedi di una vallata in cui scorgiamo soltanto un vecchio casale di mattoni. Ci arriva una strada sterrata ma gli unici altri bagnanti restano rintanati sotto il loro ombrellino blu all'estremità opposta della cala, ai piedi di una bella parete rocciosa che qui ad Ios è una costante tra una baia e l'altra. C'è qualche casa in costruzione e qualche affittacamere nel piccolo agglomerato di Psathi, l'unico borgo sul mare della costa orientale, ma per il resto, la costa è del tutto disabitata.
Risalendo contro vento l'ultimo tratto di costa frastagliata, raggiungiamo presto il capo roccioso sui cui svetta il vecchio Paleokastro. E' una roccaforte veneziana costruita sui resti di una torre di avvistamento bizantina, una di quelle usate per controllare le rotte dell'Egeo e collegata con un sistema di segnali di fuoco alle altre rocche di Naxos ed Amorgos. I pochi resti sono arroccati in cima ad una collina conica di 298 metri sul livello del mare, poche mura diroccate che dall'alto scrutano il mare ed il nostro passaggio silenzioso.
Pagaiamo fino al tramonto, il vento cala quel poco da lasciarci entrare senza fatica nell'ampia baia di Agia Theodotis con le ultime luci del giorno.
Abbiamo deciso di cambiare atteggiamento.
Ogni volta che ci allontaniamo dai kayak continuiamo a caricarci di tutta l'attrezzatura elettronica residua, computer e pannello solare di Manolis compresi. Sembriamo due muli da soma ed i nostri due zainetti da spalla sono sempre più gonfi e pesanti. Ma non possiamo portarci dietro i kayak, né possiamo rinunciare ad andare a cena in taverna, uno dei massimi piaceri di questo viaggio alle Cicladi. Lasciamo in kayak l'attrezzatura da campeggio, le creme solari ed il cibo... dovremo forse pensare ad un sistema di lucchetti o filari di campanelli ma i recinti non ci son mai piaciuti ed uno degli innegabili vantaggi di questo tipo di viaggio è proprio il senso di libertà che regala ogni giorno... ladri o feticisti permettendo!
Però non vogliamo più pensare a noi stessi come a due kayaker sfigati che devono nascondersi agli occhi del mondo: siamo invece due navigatori di lungo corso che devono riservare alle loro imbarcazioni il trattamento di favore che meritano. Non sono due semplici kayak, sono due panfili! E allora stasera li tiriamo in secca proprio lì, a due passi dalla fila di ombrelloni della spiaggia attrezzata, poco oltre il moletto di cemento dove sono attraccati altri due gommoni, vicino ai due bei gozzi colorati e spiaggiati da chissà quanto. Staranno in compagnia tutta sera, tra simili.
Noi ci vestiamo di tutto punto e saliamo in taverna come due veri signori.
La cena è regale, anche se le porzioni di pasticcio e moussaka sono più adatte a due scaricatori di porto, quali noi siamo, forse, a giudicare dalla velocità con cui lucidiamo il fondo dei piatti.
Vabbè, non è che possiamo cambiare pelle in una serata soltanto!

Le prime nuvole del viaggio si addensano sul nostro campo 
In pellegrinaggio alla tomba di Omero
La "Manna di Manolis": look at the perfect coordination of colours between your knife and my plate, Manolis!!!
Il kayak c'è ma non si vede!
Onda su onda, il mare ci porterà alla deriva in balia di una sorte bizzarra e cattiva...

Venerdì 26 agosto 2016 - 64° giorno di viaggio
Ormos Agia Theodotis - Kalo Avlaki, Ios (6 km)
Vento NW 10-15 nodi (F4) - Mare da poco mosso a mosso - Temperatura 25°C
Del campeggio non c'è neanche l'ombra, figuriamoci del suo market.
La mappa deve essere la più sbagliata di tutte, è la stessa che oltre a segnare il faro inesistente sul capo meridionale riporta anche informazioni fuorvianti.
Saliamo alla taverna anche per la prima colazione.
Suscitiamo l'immediato interesse degli unici altri quattro avventori greco-tedeschi, che non solo ci interrogano a lungo sul nostro viaggio in kayak ma ci forniscono anche una serie infinita di preziose informazioni sull'isola. Prima fra tutte, che un campeggio lì non c'è mai stato.
Dobbiamo risolvere il problema dei rifornimenti ma è presto fatto: il gestore della taverna deve andare in auto alla Chora e si offre di darci un passaggio, sia all'andata che al ritorno.
Ecco, questa è la sensazione che più ci sorprende di questo viaggio alle Cicladi: c'è chi ci apre i kayak e chi ci accoglie a braccia aperte, chi ci deruba e chi ci aiuta, chi ci stravolge le giornate con emozioni negative e chi invece ci regala solo emozioni positive. E non sono solo gli amici di kayak, come Stavros ad Atene, Raphael a Milos o Manolis ad Anafi, ma anche illustri sconosciuti che si appassionano alla nostra piccola avventura alle Cicladi e ci regalano cetrioli freschi, sorrisi calorosi e mappe turistiche di Ios più aggiornate delle nostre!
Forse per apprezzare i secondi servono anche i primi, chissà...
Oggi ce la prendiamo davvero comoda.
La seconda visita alla Chora di Ios è meno traumatica della prima, anzi addirittura piacevole. Mentre attendiamo il passaggio per il ritorno, ci addentriamo tra i vicoletti in salita e le casine bianche dalla classica architettura cicladica, ci perdiamo un po' tra le scalinatelle ed i sottoportici, curiosiamo nelle piccole piazzette che si aprono di quando in quando e saliamo fino alle quattro chiesette che sormontano il cucuzzolo conico della collina. Lo spettacolo dall'alto sul porto, sulla baia e sullo stretto braccio di mare fino a Sikinos è molto suggestivo e tra una foto e l'altra mandiamo un saluto immaginario a Nico e Roberta, che in questi giorni sono in vacanza sull'isola di fronte, una delle nostre preferite.
Facciamo provviste per cinque giorni. E troviamo anche qualche prelibatezza per allietare le nostre prossime serate in spiaggia.
Ritorniamo nella stessa taverna per un lungo pranzo ristoratore, stavolta a base di peperoni e pomodori ripieni di riso, e gozzovigliamo al tavolo sulla terrazza panoramica fino alle cinque del pomeriggio. Alla fine, un po' controvoglia, ci decidiamo a tornare ai kayak, che nessuno ha importunato, e a stivare con accortezza ogni cosa nei gavoni, con qualche piccolo gioco di prestigio per farci entrare tutto.
Prendiamo il mare che è ormai sopraggiunto il tramonto. Giusto per il gusto di continuare ad esplorare l'isola. Facciamo rotta verso nord, diretti all'ultima cala, quella più ridossata dal Meltemi. Che non ha mai smesso di sbraitare per l'intera giornata e che ancora imbianca e ingrossa il mare.
Sul primo capo appena fuori il golfo di Agia Theodotis devono esserci forti correnti di ritorno perché per un buon quarto d'ora pagaiamo alla velocità critica di 0.0.
Allora ci portiamo sotto la scogliera battuta da una movimentata lavatrice e sfruttiamo un poco le onde che, dopo aver colpito la costa alta e rocciosa, se ne tornano in mare aperto con una buona carica di energia, spandendo all'intorno tanti picchi d'acqua fresca in cui è divertente fare un po' di gimcana. E' poco più di un'ora e mezza di navigazione che ci regala emozioni forti: le onde grosse che spesso frangono sui nostri ponti, il vento fresco che ci contrasta ma non ci blocca, le prime ombre della sera che avvolgono l'isola in un velo di raso e soprattutto il sole che tramonta dietro il capo settentrionale e che ammanta ogni cosa di rosso carminio.
Lo iodio deve avere l'effetto di una droga, su di me: quando respiro l'odore del mare a pieni polmoni mi scopro eccitata e felice. Sbarchiamo in perfetta sincronia, in una piccola caletta isolata dove le ultime onde si smorzano dolcemente. Tiriamo in secca i kayak sui ciottoli policromi e ci prepariamo per la notte. Saltello intorno al campo come una bimbetta, riempio Mauro di bacetti finchè non grugnisce di disappunto e sono talmente elettrica che lo precedo persino nei lavori di spianamento, quelli che di solito esegue lui prima di montare la tenda. In confronto al suo livello di alto perfezionamento io sono ancora una principiante alle prime armi: anche se seguo i suoi consigli non riesco ancora a fare un piano decente, così strappo la promessa che il prossimo Caterpillar, il legno che usiamo per questi lavori di sbancamento, sarà dotato di una piccola livella incorporata.
La tenda si apre sul mare nero e sulla piccola luce del faro dell'isola antistante di Iraklia, la più occidentale delle Piccole Cicladi e la nostra prossima meta: sembra un primo invito ad andare, un richiamo nella notte, un saluto da lontano di tre lampi ogni dieci secondi.
Ceniamo con un pugno di frutta secca e tre loukoumi a testa, i più buoni fin'ora assaggiati, forse perché aromatizzati al raki!

L'ultimo tratto di Ios per concludere il periplo (all'orizzonte Sikinos!)
Le ombre della sera
L'ultimo campo sull'isola di Ios
L'ultimo risveglio sull'isola di Ios
Colazione in tenda perché l'aria è troppo frizzante... 

Sabato 27 agosto 2016 - 65° giorno di viaggio     
Kalo Avlaki - Ormos Diamoudia, Ios (23 km)
Vento N 14-16 nodi (F4) - Mare da mosso a poco mosso - Temperatura 25°C
Colazione lentissima.
Per la prima volta da quando siamo in viaggio compaiono delle nuvolette batuffolose ad offuscare il primo sole del mattino. Non è neanche spiacevole: smorzano un po' l'arsura della giornata e ci convincono a salire sulla collinetta affianco.
Gli abitanti di Ios sono molto orgogliosi di ospitare sull'isola la tomba di Omero. Ci tengono in maniera particolare a precisare che non si tratta di una leggenda: Omero era figlio di una donna di Ios dal nome bellissimo, Klimeni, sono state ritrovate sei monete con l'effige dello scrittore su un lato e l'antico nome dell'isola dall'altro, e molte pare siano le citazioni in documenti antichi di altri illustri storici come Plinio, Erodoto e Pausania. La tomba è poco valorizzata, giusto una lapide tra alcuni massi di marmo e qualche monetina abbandonata qua e là, oltre ad un matita per scrivere il proprio nome: l'elemento di indiscutibile fascino è il numero elevatissimo di omini di pietra che circondano la tomba, il segno tangibile dell'omaggio lasciato nel tempo dai vari visitatori che sono saliti quassù per un ultimo saluto al più grande scrittore epico di tutti i tempi, non solo il padre dell'Iliade e dell'Odissea ma anche l'ispiratore di tanti navigatori che nei secoli hanno percorso questi ed altri mari.
Torniamo ai kayak in tempo per il pranzo, scendendo, come eravamo saliti, seguendo percorsi tracciati dalle capre lungo il crinale che scende verso il mare.
Ci imbarchiamo alle tre del pomeriggio, dopo una meritata pennichella, e pagaiamo lungo l'ultimo tratto della costa occidentale di Ios, incontrando un po' tutte le andature da crociera: dapprima un bel mare al traverso, con le solite onde frangenti che si rovesciano sui ponti dei nostri kayak, poi un giardinetto nervoso che ci fa scodinzolare attorno agli ultimi capi dell'isola, poi ancora una poppa piena che ci spinge d'infilata fino alle ultime baie prima del porto. E' un bel modo per tenersi in allenamento, per non perdere il contatto col mare, per capire se la situazione ci è congeniale, visto che anche domani si preannunciano condizioni analoghe e noi vorremmo traversare sulla vicina Iraklia.
Scendiamo fino all'Isola di Diakofto, dove eravamo arrivati in traversata da Sikinos quasi venti giorni addietro, il 9 agosto: facciamo ciao ciao con la manina all'ultimo sperone roccioso di Ios e chiudiamo idealmente il periplo dell'isola.
Quest'isola ha davvero due facce: la bellezza selvaggia delle sue coste disabitate e piene di calette paradisiache e la bruttura di una cava gigantesca e di una discarica a cielo aperto, a pochi metri l'una dall'altra e a pochi chilometri dal porto.
Risaliamo verso nord, contro vento, per dimenticare la faccia brutta dell'isola e per sbarcare nella caletta più bella ed isolata, senza neanche un sentiero che la raggiunge.
Tirare in secca i kayak stasera è più faticoso del solito. E' il momento della giornata (e del viaggio) che più mi pesa in assoluto. Riesco sempre a sollevare il kayak di Mauro, il mio invece è talmente pesante, anche ora che ho raccolto solo due legnetti, tre ricci ed un pugnetto di pomici, che riesco a malapena a farlo strusciare sulla sabbia. Al mattino è diverso: trovo sempre la giusta carica per far tornare il kayak in mare, forse perché siamo tutti impazienti di riprendere a pagaiare e a navigare e ad esplorare. La sera, invece, per quanti sforzi faccia, sono sempre una pappa-molla. E spero sempre che faccia capolino dal quarto gavoncino un folletto-schiavetto che sollevi il mio kayak con un ditino e lo deponga a dieci metri dalla battigia, lassù accanto a quello di Mauro. Pagherei per un servizio del genere. Ma il folletto non compare mai e stasera sono di nuovo lacrime e sangue. L'unica consolazione è che il mio Voyager ha la chiglia rinforzata a regola d'arte, dopo le migliorie eseguite da Fabrizio D'Angelo, e non pare risentire troppo di tutti questi trascinamenti sulla sabbia.
E' presto e, visto che siamo soli, possiamo montare il campo con la luce del giorno, cenare prima ancora del tramonto e cominciare a scrivere il nostro solito diario di viaggio.
Abbiamo da giorni preso l'abitudine di montare la tenda tra i due kayak e ad ogni sbarco Mauro prende le misure per distanziarli a sufficienza. Usiamo le prue e le poppe dei Voyager per legare i tiranti rossi alla nostra povera tendina, così che possa resistere meglio alle sfuriate notturne del Meltemi. E' un sistema che ci aiuta anche a pensare di poter tenere a distanza i ladri, ma la soluzione migliore sarebbe sempre quella di sbarcare in calette isolate e non raggiungibili da terra. Non sempre è possibile, specie sulle isole più frequentate o quando noi non possiamo resistere al richiamo di una cena in taverna, ma in questo Ios ci sta regalando una grande varietà di sbarchi sicuri e tranquilli.
L'ultima notte sull'isola è la più serena. Ma anche la più fredda: per la prima volta Mauro indossa la giacca d'acqua per completare le ultime faccende prima di coricarsi a dormire, avvolto ben bene nel sacco a pelo perché l'arietta che penetra in tenda è fredda quanto quella che l'avvolge dall'esterno. E se ha freddo l'Uomo di Ferro figurarsi io...

Risaliamo verso nord prima di traversare da Ios a Iraklia
Un piccolo "esbufador" sulla costa occidentale di Ios
A tu per tu col traghetto della Little Ciclades Lines
Verso Iraklia
Dopo aver messo piede su Ios iniziamo ad esplorare Iraklia e le Piccole Cicladi

Domenica 28 agosto 2016 - 66° giorno di viaggio 
Ormos Diamoudia, Ios - Ormos Alimnias, Iraklia (21 km, di cui 12 in traversata)
Vento NW 13-16 nodi (F4) - Mare mosso con onde frangenti di un metro - Temperatura 25°C
Ci svegliamo con le previsioni meteo che annunciano un rischio di tempesta al 50%.
L'ultima volta che erano arrivate notizie del genere era pure arrivata la tempesta perfetta di Kea. Ma quella volta la percentuale era del 60%, magari stavolta ce la scampiamo.
Oggi traversiamo da Ios ad Iraklia, la più occidentale delle Piccole Cicladi.
E' la prima volta che affrontiamo una traversata senza portarci nella cala più vicina al capo. Volevamo goderci la faccia bella di Ios per un'ultima serata ed abbiamo fatto bene.
Risalire contro vento gli otto chilometri che ci separano dall'estremità settentrionale dell'isola non è poi così faticoso, un po' perché ieri ci avevamo preso la mano, anche se la navigazione era in favore di vento, ed un po' perché ci piace sempre molto girare un'isola, anche un breve tratto, in senso contrario, così da rivedere le stesse coste da una prospettiva differente. Ios è sempre bella, in un senso o nell'altro.
Dopo due ore di navigazione lungo costa, tra lavatrici che sui capi si intensificano, arriviamo nel canale tra le due isole ed iniziamo la traversata. Ieri avevamo scorto due traghetti di linea, oggi passano gli stessi due traghetti, altre due navi cisterna, due catamarani veloci, un piccolo traghetto di linea delle Piccole Cicladi ed un grosso panfilo privato che beccheggia in maniera preoccupante. Tutte imbarcazioni che seguono rotte molto distanti dalla nostra e che possiamo quindi serenamente ignorare.
Quel che non possiamo ignorare, invece, è il mare. Le onde si gonfiano sempre più, man mano che ci portiamo al centro del canale, e molte volte frangono direttamente sulle nostre teste, arricciolandosi proprio sugli occhi e nelle orecchie. E' la traversata più ventosa, più bagnata e più fredda di tutte. Ma anche una delle più brevi.
E' così bello quando la terra lentamente si avvicina, quando vedi che la costa pian piano si definisce in ogni suo dettaglio, quando poggi piedi sulla battigia. Guardi indietro, alla traversata e alla giornata appena trascorsa, e ti basta davvero poco per sentirti appagato.
In poco meno di tre ore siamo ad Iraklia, sbarchiamo in una cala da sogno e ci godiamo l'isola in perfetta solitudine.

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sabato 27 agosto 2016

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venerdì 26 agosto 2016

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giovedì 25 agosto 2016

Check-in/OK messaggio dal Tatiyak SPOT Localizzatore SPOT Personal Tracker

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Latitudine:36.75526
Longitudine:25.32643
Posizione GPS Data/Ora:08/25/2016 19:21:11 CEST

Messaggio:Cicladi Kayak Tour 2016.
Stiamo bene e il viaggio prosegue come programmato...

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mercoledì 24 agosto 2016

Check-in/OK messaggio dal Tatiyak SPOT Localizzatore SPOT Personal Tracker

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Latitudine:36.65705
Longitudine:25.36376
Posizione GPS Data/Ora:08/24/2016 17:48:58 CEST

Messaggio:Cicladi Kayak Tour 2016.
Stiamo bene e il viaggio prosegue come programmato...

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martedì 23 agosto 2016

Santorini, l'isola del Kaos

Sabato 20 agosto 2016 - 58° giorno di viaggio
Monolithos - Monolithos, Santorini (0 km)
Vento NW 12-19 nodi (F4-5) - Mare da mosso a poco mosso - Temperatura 25°C
Ci prendiamo una giornata di riposo appena approdati a Santorini.
Per diverse ragioni: riprendere confidenza con l'isola, riposare dopo la traversata da Anafi ed aggiornare il blog.
Questa strana storia del blog ci diverte molto.
Noi abbiamo una memoria labile e sempre più fallace: tenere un diario di viaggio è uno degli espedienti che abbiamo escogitato per ricordare le puntate precedenti. Specie in un viaggio così lungo, non di qualche settimana come era il nostro solito, ma di qualche mese e senza alcun biglietto di rientro, rischieremmo di confondere una giornata con quell'altra nell'arco di poco tempo. Invece, ci piace tenere il conto, segnare i campi sulle carte, appuntare piccole e grandi emozioni. Il blog è diventato un diario di viaggio interattivo.
Ci piace anche molto condividere le esperienze che abbiamo la fortuna di vivere in kayak. E' uno dei piaceri del viaggio, la condivisione, e anche se noi viaggiamo da sempre in due o in gruppo, cerchiamo ogni volta di rendere partecipi delle nostre peripezie parenti ed amici. Non soltanto per quella sorta di promozione della cultura del kayak da mare che ci ha sempre tanto motivato, ma anche per una piccola sfida personale di provare a raccontare il viaggio per immagini ed appunti...
Ci serve anche avere un motivo in più per restare bloccati a terra. Non sempre il cattivo tempo, il vento forte o il mare grosso sono motivi sufficienti per trattenerci in taverna, anche se affacciata sul mare e con menù allettante. Siamo spesso tentati di prendere il mare ogni giorno, con qualunque condizione e di pagaiare sempre senza sosta. Perché è la cosa che più ci diverte e soddisfa, perché in kayak siamo felici e rilassati, perché in mare stiamo bene. Ma in un viaggio tanto lungo ed impegnativo, dal punto di vista sia fisico che psicologico, abbiamo capito da tempo di dovere rallentare ulteriormente i nostri ritmi naturali, per assaporare meglio ogni cosa e per recuperare energie al momento dovuto.
Questo blog sulle Isole Cicladi ci sta riservando tante sorprese.
Siamo molto lusingati dal numero di letture che, dal principio, non accenna a calare: siamo partiti con 2-300 visite per ciascun post e siamo saliti nel tempo, contro ogni nostra più rosea aspettativa, ad oltre 6-700 letture, con picchi di oltre 1000 quando parliamo dei ladri e di 1700 per "Folegandros nell'arcobaleno". Sono oltre 100 i post già pubblicati sul blog, compresi i 60 relativi ai punti di campo sulle varie isole, e mai avremmo creduto di trovare un tale seguito.
E' come viaggiare in compagnia!
Inoltre, oggi che siamo in vena di riflessioni di viaggio, dedichiamo qualche minuto al calcolo delle percorrenze parziali. Dobbiamo ricorrere al mio diario di viaggio cartaceo, perché tutti i dati memorizzati sulle traversate e sulle escursioni giornaliere sono stati rubati insieme al GPS di Mauro. Peccato soprattutto per le tracce delle varie traversate, che eravamo soliti usare e studiare per considerazioni di vario genere sulle scelte effettuate in navigazione (una volta a casa dovremo trovare un sistema per ricostruirle tutte, anche solo approssimativamente, perché è uno dei dati di viaggio per noi più interessanti).
Comunque, dopo qualche somma sbagliata, siamo arrivati a questa conclusione: oggi siamo a 922 Km, con punte minime di 3 e massime di 35 km al giorno, con otto giorni di sosta a terra (di cui ben 4 solo ad Anafi!) e con una media di 18 chilometri giornalieri. Il che significa che stiamo proprio "lumacando" tra le Isole Cicladi, come volevamo fare fin dall'inizio, senza nessuna fretta, senza nessun record da battere, senza nessun impegno da rispettare se non quello di pagaiare quando e quanto vogliamo.
La giornata di riposo a Santorini ci offre anche l'occasione di mettere in uso il pannello solare che Manolis ha insistito per prestarci, insieme ad un coltello multiuso che pure ci torna molto utile. Mauro sulle prime è molto imbarazzato ma poi accetta l'offerta di buon grado, sapendo quanto sarà più semplice ricaricare telefoni cellulari e macchine fotografiche. Il pannello è molto piccolo ma molto efficiente e siamo tutti e due molto più rilassati ora che sappiamo di avere un minimo di autonomia elettronica. Ci ha fatto molto ridere anche il messaggio ricevuto da Manolis, non appena gli abbiamo scritto di avere iniziato ad usare il suo pannello solare: "Finally that piece of equipment has found its use!"
Manolis ci ha anche spiegato la prima costante dell'universo: qui alle Isole Cicladi la connessione internet funziona via ponte-radio ed è quindi soggetta all'umidità, alla temperatura e ai venti. Per questo a volte perdiamo delle giornate intere per aggiornare il blog mentre in alcuni luoghi, come qui a Santorini, impieghiamo solo qualche ora. Manolis non ci ha invece saputo spiegare le altre due costanti dell'universo: i capelli sempre più ribelli, forse anche perché sempre più lunghi, e le macchie che continuo a fare ovunque, sui vestiti civili o sull'abbigliamento tecnico, non appena prendo in mano una posata...

Il pannello solare che Manolis ci ha prestato: Thank you so much Manolis for your big help!
Le belle scogliere di Vlichada sul versante meridionale di Santorini
Un breve tratto di un paio di chilometri ben conservato...
Stranamente pochi turisti
Mauro ed il Voyager verso Almira
Altri scorci interessanti della costa meridionale di Santorini
La bella base di Santorini Sea Kayak sulla spiaggia di Akrotiri

Domenica 21 agosto 2016 - 59° giorno di viaggio
Monolithos - Kambia, Santorini (17 km)
Vento NW 13-21 nodi (F4-5) - Mare da mosso a poco mosso - Temperatura 25°C
Smontiamo finalmente il campo dalla spiaggia di Santorini su cui abbiamo trascorso più tempo che altrove e costeggiamo l'isola verso sud lungo il versante orientale. La costa è brutta, anonima, piena di stabilimenti balneari tutti diversi, con ombrelloni diversi, sdraio diverse, giochi d'acqua diversi, ma incredibilmente con la stessa musica sparata allo stesso assordante volume.
Fatichiamo a raggiungere il capo meridionale, non tanto per le condizioni meteo, oggi particolarmente favorevoli, visto che un venticello gentile ci accompagna per un lungo tratto, ma perché il panorama ci appesantisce oltre ogni aspettativa.
Dobbiamo doppiare il porticciolo di Vlichada per trovare un minimo di conforto, sia per la taverna sul mare in cui facciamo una lunga pausa pranzo (mangiando male e spendendo troppo, peraltro, ma pazienza!) e sia per la bella falesia che per un paio di chilometri di affaccia a strapiombo sul mare. Dura poco, però, e lo spettacolo delle pareti sabbiose erose dall'acqua e dal vento cedono presto il passo ai soliti obbrobri di cemento mal mimetizzati nell'ambiente circostante.
Troviamo rifugio in una piccola caletta che presto rimane deserta, poco oltre la frequentatissima e sopravvalutatissima "Spiaggia Rossa", che di rosso vivo ha davvero le scogliere strapiombanti ma che perde ogni fascino nascosta com'è dietro una selva di barche a vela e catamarani.
Questo via vai incessante di carri-bestiame è la cosa che oggi ci ha più sorpreso di Santorini. Mentre eravamo con la testa nel piatto di insalata greca non ce ne siamo resi conto ma non appena abbiamo sollevato lo sguardo all'orizzonte siamo rimasti impietriti dal numero di alberi che sfrecciavano in ogni direzione, tutti a velocità sostenuta e tutti molto distanti dalla costa. Doveva forse essere l'ora del rientro dalla escursione nella Caldera oppure l'ora di partenza per la festa in barca al tramonto ma... abbiamo contato centinai di barche a vela e di catamarani, tutti rigorosamente a motore, che passavano il capo sud-occidentale di Santorini.
Quest'isola è troppo caotica, troppo turistica, troppo frequentata. E' anche la più trasandata di quelle sin'ora visitate, la più cara, la più sciatta, la più pretenziosa e presuntuosa.
Non c'è la stessa cura che abbiamo notato sulle altre isole, specie su quelle meno conosciute: c'è invece un senso inverso di dare per scontato che il nome comunque attira turisti, che gli aerei atterranno sempre in gran numero e che le navi da crociera arrivano sempre da ogni dove. Non importa in che condizioni si trovi l'isola, tanto ormai si è arrivati e si deve visitare la Caldera...
Noi aspettiamo ancora domani per affacciarci nella bocca del vulcano.

"Lumakakis Bike Tour in Santorini"
Tramonto sul capo sud-occidentale di Santorini
Capo Akrotiri al tramonto
Il bel faro di Capo Akrotiri sull'estremità sud-occidentale di Santorini
La notte nella Caldera dalla bella spiaggia di Platis Gialos
Il risveglio sul materasso di pomici della Caldera
La seconda riparazione alla deriva del mio Voyager
Le scogliere di Theostepasti, all'interno della Caldera

Lunedì 22 agosto 2016 - 60° giorno di viaggio
Kambia - Platis Gialos, Santorini (8 km)
Vento NW 9-10 nodi (F3) - Mare calmo - Temperatura 25°C
Oggi sono sessanta giorni che siamo in viaggio in kayak, compresi i giorni di sosta forzata.
Per festeggiare l'evento, che cosa pensiamo bene di fare? Noleggiare un motorino!
Per un "Lumakakis Bike Tour" di Santorini, serpeggiando a trenta chilometri orari (ma più veloci di così) su e giù per le sue stradine panoramiche. La scusa è quella di cercare il negozio per la ricarica telefonica della scheda dati greca che usiamo per aggiornare il blog: è in un paesino non raggiunto dalla pur fitta rete di collegamenti pubblici e allora capitoliamo alle due ruote. Manco a dirlo, arriviamo quando il negozio ha già chiuso da venti minuti: gli orari sono tutti diversi, per tutti i giorni della settimana, e non c'è modo di capire quale sia la logica... Dobbiamo ripiegare in un chiosco pubblico per acquistare una semplice ricarica da 10€, sperando che il sistema interattivo funzioni a dovere senza mandarci ai pazzi per le prossime pubblicazioni.
Ci buttiamo nel traffico dell'isola più turistica e frequentata delle Cicladi anche nella speranza di catturare qualche scorcio panoramico che possa riempire la memoria fotografica nostra e delle nostre macchinette.
Macché, niente: Santorini non ci prende neanche da terra.
Sarà pure l'isola legata alla leggenda di Atlantide, sarà pure stata la più violenta esplosione vulcanica degli ultimi diecimila anni, sarà pure stata quell'incredibile colonna di fumo alta 36 chilometri sul livello del mare che ha sputato pomici e ceneri fino in Egitto e Palestina e che ha provocato un'onda anomala di 90 metri che ha raggiunto la vicina Anafi e probabilmente distrutto la flotta mercantile e militare dell'impero minoico, decretando probabilmente la fine prematura di quella florida civiltà. Sarà pure una delle caldere sottomarine più grandi del mondo, dicono di 83 chilometri quadrati per una profondità di 3-400 metri, che in uno spazio così ristretto fa davvero impressione. Sarà pure tutto questo, e magari altro ancora, ma oggi non si vede più nulla di tutto ciò, è lasciato all'immaginazione o alla scoperta degli archeologi (che tra l'altro pare siano finalmente riusciti a datare l'esplosione intorno al 1613 A.C. grazie alla dendrocronologia, la datazione a partire dagli anelli degli alberi, dopo il ritrovamento nel 2006 di un ramo di ulivo carbonizzato e risalente all'eruzione del vulcano di Santorini).
Oggi tutto questo non si riesce più ad apprezzare: almeno, noi non ci riusciamo!
L'isola è tutta un susseguirsi di case in costruzione, di architettura cicladica andata ormai perduta, di scheletri aperti sui versanti delle montagne in punti davvero panoramici che ora sono due volte più brutti. Proseguiamo imperterriti fino alla fine dell'isola, fino a quei due borghetti di Ia e Finikia che tutte le guide descrivono come la chicca più chicca dell'isola, da cui godere di un panorama mozzafiato sulla Caldera. E lo cerchiamo pure, un belvedere da cui godere della vista sulla Caldera. Ma niente, non ci riusciamo. Non troviamo le cappelle blu di tutte le cartoline di Santorini, nè la scalinatelle bianche di tutti i depliant turistici, neppure quelle balconate intonacate e abbellite di tavolini e sedioline che farebbero la felicità di ogni fotografo pur dilettante. Niente. Noi vediamo solo case in costruzione, piscine microscopiche tra arcate in cemento grezzo, scorci anonimi e tutt'altro che entusiasmanti.
Fortuna che alla fine torniamo in kayak.
Li abbiamo lasciati "parcheggiati" vicino alla locale scuola di Santorini Sea Kayak, in un angolo tra i più tranquilli del paesino meridionale di Akrotiri, facendo una cosa che non abbiamo mai fatto prima in nessun altro nostro viaggio in kayak: torniamo indietro di ben un chilometro! Così da poterli lasciare in un luogo sicuro e conosciuto.
Una volta in mare, incontriamo anche Andreas, il titolare biondo e sorridente che sta guidando un'escursione con due kayak doppi. Con poche parole ci emoziona alle lacrime: "You're inspirational, you know that, keep going!" Che detto da uno che di mestiere fa la guida escursionistica in kayak e che incontra centinaia di canoisti all'anno, che arrivano qui da ogni parte del mondo, non è proprio un commento da poco. Non riusciamo che a scambiarci pochi altri saluti dai rispettivi kayak ma è per noi uno dei momenti più intensi dell'intero viaggio.
Che ci aiuta a digerire meglio Santorini ed il suo kaos.
Come anche l'incontro con Jeremy, la guida di Cyclades Kayak che avevamo già conosciuto a Milos e che ora è qui con un gruppo di escursionisti francesi. Ci chiede del viaggio, delle traversate, delle prossime tappe, ci riempie di attenzioni e, come Andreas, di energie positive!
Recuperiamo altre energie anche con l'ultima pagaiata al tramonto oltre Capo Akrotiri, con la luce del faro che ci accompagna nelle prime ombre della sera e con le lucine frontali che ci permettono di montare un campo sulla pomice (che si rivelerà ben più felice dell'ultimo campo sulle pomici, quello del ladro!)
Di notte, la Caldera sembra acquistare qualcosa di suggestivo: i paesini di accendono di mille lucine dorate e quando le navi da crociera lasciano il bacino scuro restano solo le casine in alto ad ammantare d'oro il profilo irregolare dell'isola.
Una notte nella Caldera una volta nella vita, tutto sommato non è un grande sacrificio!

Verso Palea Kameni, la più piccola delle due isolette centrali della Caldera 
Le sorgenti di acque termali di Nea Kameni
Pranzo in ammollo
La girandolina comincia a dare qualche segno di cedimento cromatico
All'uscita del porticciolo di Korfos sull'isola di Thirasia
Lo sbarco nel porticciolo di Agia Irini su Thirasia
Dopo aver messo piede a Santorini possiamo tornare ad esplorare Ios

Martedì 23 agosto 2016 - 61° giorno di viaggio
Platis Gialos, Santorini - Agia Irini, Thirasia (18 km)
Vento NW 8-9 nodi (F3) - Mare calmo - Temperatura 26°C
Questa sembra la giornata ideale per godersi la Caldera.
Non c'è vento, non c'è onda, sembra non ci sia neanche troppo traffico.
Invece, neanche il tempo di pensarlo ed il canale navigabile tra Santorini e le due isolette centrali di Nea Kameni e Palea Kameni diventa il tratto di mare più trafficato dell'Egeo. Dobbiamo fermarci ben tre volte per lasciare entrare nel vicino porto turistico dei catamarani veloci come quelli che ci avevano atterrito ad Ios, più un altro paio di volte per attendere che due navi da crociera scivolino lentamente verso l'area di sosta a loro riservata, per non dire dei continui cambi di rotta a cui ci costringono tutti i carri-bestiame che scorrazzano su e giù e avanti e indietro e tutt'intorno a noi.
A fatica raggiungiamo i due isolotti centrali, dopo oltre un'ora di navigazione per appena tre chilometri di distanza: sono sorti in tempi relativamente recenti, il piccolo meridionale nel 196 a.C. ed il grande settentrionale invece nel 1573, tanto che conserva ancora una piccola caldera attiva che si può raggiungere in battello per le escursioni giornaliere organizzate.
Noi ci intrufoliamo nei due piccoli bacini che ospitano le sorgenti di acqua termale e che tingono il mare di un arancione intenso e poco attraente. Ma la curiosità vince sulla ritrosia: il primo bacino è però occupato da un grande caicco a tre alberi che spara musica tecno a tutto volume, mentre i suoi ospiti sono tutti presi dal ricoprirsi di terriccio ambrato. Scappiamo sull'altro versante e ci ritroviamo da soli. Solo che sbarcare è impossibile, nel senso di tirare i kayak in secca, perché i massi di pietra lavica sono talmente irregolari, taglienti ed incombenti che preferiamo lasciare le nostre barchette in acqua e, usandole come tavolini galleggianti, consumare un pasto frugale il più in fretta possibile.
Mauro non resiste alla tentazione di descrivere a suo modo Santorini e ritorna alla sua storica teoria geologica sulla gradazione cromatica delle pietre: in origine tutti gli scogli erano neri, quando poi sono arrivati i primi i gabbiani li hanno cominciati a tingere di bianco... Qui a Santorini sembra quasi che Mauro abbia ragione: le piccole cittadine arroccate sulle scogliere nere dell'isola sembrano il risultato inconsulto dell'attività creativa di giganteschi gabbiani che a più riprese si sono posati su Santorini.
Non possiamo completare il periplo di Santorini: un lungo tratto della costa interna della Caldera è interdetto alla navigazione a remi, un altro lungo tratto vero nord l'abbiamo intravisto ieri dall'alto ed era pieno di panfili ormeggiati a terra, un ulteriore tratto interno è riservato alle escursioni organizzate con i vari caicchi locali. Non possiamo neanche dire di avere fatto una vera traversata tra Santorini, le due isolette centrali e la vicina Thirasia, perché sulle carte queste isole costituiscono un unico arcipelago e quindi... niente periplo, niente traversata. Insomma, a Santorini niente sembra andare per il verso giusto.
Pagaiamo nel primo pomeriggio verso Thirasia, la sorella minore di Santorini, quella che tutte le guide definiscono come la Santorini precedente l'avvento del turismo. Ed in effetti, a parte il piccolo porticciolo turistico di Korfos, ai piedi della Chora alta 200 metri sul livello del mare e raggiungibile solo lungo una scalinata spesso percorsa a dorso di mulo, il resto dell'isola sembra completamente dimenticato dal turismo.
Troviamo rifugio nell'unica taverna del porto, quello vero dove fanno scalo i pochissimi traghetti di linea che passano da quest'isola dimenticata, e ritroviamo un ambiente più confacente ai nostri gusti e ai nostri ritmi.
Santorini non ci ha conquistati, Thirasia ci lascia con un buon ricordo.

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lunedì 22 agosto 2016

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domenica 21 agosto 2016

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sabato 20 agosto 2016

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Anafi, l'isola della rigenerazione

Domenica 14 agosto 2016 - 52° giorno di viaggio
Ormos Klisidhi - Ormos Klisidhi, Anafi (0 km)
Vento N 28-37 nodi (F7-8) - Mare agitato - Temperatura 26°C
Anafi è un'isola piccola, remota, bellissima.
Anafi è immersa nel silenzio, nella tranquillità, nella pace più totale.
Anafi è la più meridionale delle Isole Cicladi, l'ultimo scalo dei traghetti, l'ultimo baluardo roccioso prima di Creta e del Dodecanneso.
Erano cinquanta giorni che sognavamo di raggiungere Anafi.
E' stata la nostra chimera per la prima parte del viaggio alla scoperta delle Isole Cicladi.
E' stata la destinazione che per settimane c'è sembrata irraggiungibile.
E' stata un miraggio, un sogno, una meta lontana.
Quando abbiamo iniziato a navigare nell'Egeo, Anafi ci sembrava talmente lontana che a volte abbiamo pensato che non saremmo mai stati capaci di arrivarci.
Ora che siamo ad Anafi non vorremmo più andare via.
Speriamo che il Meltemi continui ad avvolgerla con foga e violenza così da tenerci costretti a terra il più a lungo possibile.
E' il luogo ideale per recuperare energie positive e nuove motivazioni per proseguire.
Anafi è un'isola magica.
Anafi è l'isola legata al mito degli Argonauti, che dopo aver lasciato Creta avevano trovato rifugio dalla tempesta in una delle tre isolette rocciose che Apollo aveva fatto sorgere dal mare sulla sua costa meridionale, Fthena, Pachia e Makra.
Anafi ha una delle Chora più alte, curate e panoramiche, affacciate sul molo realizzato ai piedi di una scogliera dirupata che offre riparo a pochi caicchi colorati, a qualche vela di passaggio e ad un paio di traghetti di linea che attraccano sempre e solo di notte.
Anafi ha un profilo roccioso impressionante, molte gole che incidono l'entroterra ed un monolite di 463 metri sul livello del mare che occupa la sua estremità orientale: spicca una piccola chiesa bianca costruita chissà come a strapiombo sul mare ed è visibile da qualunque punto dell'isola, come un guardiano silente che tutto osserva e tutto controlla.
Anafi è anche l'isola dei forni più grandi delle Cicladi: ogni casa di campagna, anche quelle che negli ultimi anni sono state abbandonate, conservano due forni ciascuna, in pietra grezza ed intonaco, ancora scuri di fuliggine e con le bocche chiuse da pesanti porte in ferro. Uno veniva usato per cucinare i cibi di uso quotidiano ed il secondo, ben più alto e possente, alto quasi il doppio ma sempre affiancato al primo, serviva per cuocere il pane.
Anafi è poi l'isola delle cappelle: sono costruite ovunque, anche a grappoli di due o tre, lungo i tornanti delle strade interne, sui picchi rocciosi più impervi, nelle gole ridossate dal vento, tra i terrazzamenti ormai dismessi, su ognuna delle splendide spiagge dell'isola.
Anafi è un'isola speciale.

Colazione al "solito" bar del porto di Anafi
Escursione a piedi con Nico e Roberta
La chiesetta di Agios Antonios sulla costa settentrionale di Anafi
Uno degli scorci della Chora di Anafi
Antico e moderno

Lunedì 15 agosto 2016 - 53° giorno di viaggio
Ormos Klisidhi - Ormos Klisidhi, Anafi (0 km)
Vento N 22-26 nodi (F6) - Mare molto mosso - Temperatura 26°C
Anafi ci regala giorni da sogno.
Le notti di Anafi sono lunghe, silenziose, rilassanti.
Nonostante l'incessante via vai di decine di campeggiatori sulla spiaggia libera organizzata di Klisidhi, io mi sveglio sempre con un gran sorriso sulle labbra e la fatina del cuscino mi regala sogni indimenticabili in cui siamo capaci di inventare un sistema fantastico per ancorare a terra ogni cosa, kayak e tenda compresi, così da fluttuare nell'aria a qualche metro d'altezza, fuori dalla portata dei ladri, che tornano persino a restituirci la refurtiva.
I risvegli di Anafi sono sempre più lenti e rilassanti.
Facciamo capolino fuori dalla tenda prima alle otto, poi alle nove e persino alle dieci del mattino, quando il sole raggiunge la spiaggia di Klisidhi che non si infuoca subito perché il Meltemi rende le temperature sempre molto gradevoli.
Le colazioni di Anafi sono speciali, consumate in compagnia di Nico e Roberta nell'unico bar del porto, gestito da due giovani sempre sorridenti e rilassati. Sono per me tra i momenti più eccitanti del soggiorno ad Anafi: i dolci esposti non solo sono molto invitanti ma anche talmente gustosi che torniamo ogni giorno, ad orari sempre più tardi, dalle dieci alle undici e financo a mezzogiorno, per consumare zuccheri e chiacchiere prima di scendere al mare.
Nico e Roberta sono due anfitrioni d'eccezione: già l'estate scorsa erano venuti a trascorrere lunghe giornate di vacanza sull'isola greca ed ora sono comprensibilmente impazienti di condividere con noi le loro scoperte. Ci guidano per gli sterrati dell'isola con padronanza e sicurezza, ci fanno visitare le spiagge più belle e ci offrono delle escursioni nell'entroterra che mai avremmo pensato di poter affrontare da soli.
Si offrono anche di organizzare il trasporto funebre dei pannelli solari in Italia.
E' la prima volta che ci capita di doverci separare da qualche pezzo dell'attrezzatura.
Viaggiamo da anni con tanti piccoli regali che gli amici di kayak ci hanno offerto nel tempo ed è un po' come essere sempre in loro compagnia.
La famosa tendina che il mio fratellino mi ha regalato per i miei diciotto anni; il sotto-tenda che l'amico scozzese Henry ha scelto della misura adatta; i materassini di riserva che Mirella e Gianni ci hanno regalato alla fine di un corso sperimentale di kayak; la lucina stroboscopica da interno che Luisella mi aveva preparato per un primo lontano viaggio in Sardegna; il porta pagaia da ponte che Lorenzo mi ha lasciato alla fine del periplo della Corsica; le sacche stagne che Andrea e Mirella si sono procurati della dimensione adatta per alcune nostre cosette più preziose; le Croc che il Mammut ha trovato al mercatino dell'usato e che subito mi ha comprato; la borraccetta del liquore che Mauro ha ricevuto in regalo da Carmine e Franco prima della pensione; il diario di viaggio realizzato a mano da Luciano e che è già pieno di un sacco di appunti ed impressioni ed emozioni; il camel-bag da giubbotto che Raffaele e Lucia avevano trovato tra l'attrezzatura da escursionismo da montagna e che abbiamo facilmente adattato all'uso marino; il cucchiaio-forchetta-coltello col logo di Elba-Adventure della mia amica finlandese Eva-Lotta e la borsa rossa pieghevole e capiente con le faccine di un personaggio famoso nei paesi baltici ma del tutto sconosciuto da noi; lo zainetto regalato da Antonio, che scompare in un pugno e che aperto diventa capiente quanto un bilico; il burro cacao che la bella Beatrice usava a Maiorca e che le abbiamo subito copiato; le girandole di scorta che Marco e Laura ci hanno procurato in quantità industriale e che da anni abbelliscono la poppa del mio kayak; la bandiera italiana ed il porta bandiera che sempre Luciano ha scovato in un negozio di nautica e che si è dimostrato perfetto per dimensioni ed innesto per le poppe dei nostri due Voyager; la luce di sicurezza per la richiesta di salvataggio in mare con linguaggio Morse che Trenk mi ha regalato dicendo "Please, never use it!"
Ci sono anche dei pezzi dell'attrezzatura di viaggio che cominciano a dare i primi segni di cedimento e sappiamo che questo sarà anche per loro il viaggio del pensionamento, specie in ragione delle continue sollecitazioni e dell'uso intensivo a cui sono tutti sottoposti (umidità, salsedine, polvere etc.): la chiusura lampo della solita famigerata tendina che, nonostante la manutenzione ripetuta, stenta ogni giorno di più a chiudersi e ad aprirsi; i cuscini gonfiabili che ormai non resistono una notte intera e hanno bisogno di essere rigonfiati più volte (ma ci siamo decisi a comprarne di nuovi, presto!); le sacche stagne che contengono i sacchi a pelo e che hanno perso la valvola di plastica per il sottovuoto, completamente sfaldata e staccata dal supporto originale; le infradito che si stanno pian piano disintegrando e l'elastico del mio pigiama che ormai mi arriva alle ginocchia e chissà quando mi deciderò a scucire e riportare ad una misura ragionevole...
Tutto sommato, senza considerare il nostro accanimento terapeutico, alcuni pezzi resistono meglio di altri e quelli che danno segni di cedimento vengono aiutati a resistere il più a lungo possibile.
Oggi invece dobbiamo salutare i nostri due pannelli solari.
E questo è un momento del viaggio un po' più difficile da affrontare e sostenere. Ormai sono settimane che hanno smesso di funzionare e non ha più alcun senso continuare a farli navigare con noi in giro per l'Egeo. Mauro stacca lentamente anche i due accumulatori interni e si capisce lontano un miglio che tagliare questo speciale cordone ombelicale è uno dei passaggi più delicati del viaggio. Ma l'estrema disponibilità di Nico e Roberta ci offre l'occasione di spedire ogni pezzo a casa in sicurezza e ci regala la possibilità di superare più facilmente il dispiacere delle separazione.
I ponti posteriori dei Voyager sono ora vuoti e liberi, c'è un po' più di spazio nel gavone posteriore e a primo acchito il peso dei kayak è diminuito di qualche chilo: insomma, cerchiamo di trovare qualche aspetto positivo.
Affoghiamo l'ultimo residuo di malinconia al ristorante e ceniamo tutti insieme come se non mangiassimo da giorni...

Manolis ci scatta tantissime fotografie: thanks Manolis for this picture of two of us!!!
Mauro ci cattura tutti insieme lungo la costa occidentale di Anafi
La sosta nella cala di Ormos Symiakos
Manolis ci precede oltre il capo settentrionale di Anafi
L'eccezionale compagnia in mare

Martedì 16 agosto 2016 - 54° giorno di viaggio
Ormos Klisidhi - Ormos Klisidhi, Anafi (33 km)
Vento NW 16-18 nodi (F5) in attenuazione dalle ore 12 - Mare da mosso a calmo - Temperatura 26°C
Poi ci sono giornate speciali in cui pagaiare in compagnia è un regalo insperato e apprezzato.
Diamo appuntamento a Nico e Manolis al "solito" bar del porto di Anafi, dove consumiamo la solita ricca colazione zuccherosissima condita delle solite lunghe chiacchiere canoistiche.
Le previsioni meteo-marine non sono delle migliori ma sono giorni che ci prudono le mani per riprendere a navigare e soprattutto per poterlo fare insieme.
Aspettiamo un paio d'ore per vedere il vento e le onde calare quel poco da convincerci che è comunque la giornata giusta per affrontare il periplo dell'isola di Anafi.
Prendiamo il mare.
I primi chilometri fuori dal porto e fino al capo meridionale dell'isola sono tutti contro vento: pagaiamo a testa bassa, in silenzio, ognuno seguendo la propria rotta.
Poi ci riuniamo per risalire la costa occidentale, scoscesa, rocciosa e rigata di rocce policrome che ci richiedono numerose soste e ancor più numerose fotografie. Il più agguerrito è proprio Manolis che, oltre ad offrirci una speciale visita guidata in kayak della sua isola natale, ci regala anche un servizio fotografico completo da ogni possibile angolazione.
Facciamo una sosta per il pranzo nella cala di ciottoli di Symiakos, raccolta ai piedi del capo settentrionale, e Manolis ci spiega con quanta dedizione e difficoltà riesce a mantenerla pulita dalle plastiche che il mare ogni anno risputa a terra: quest'estate ha dedicato sei giornate intere a raccogliere buste, bottiglie e tappi, ma è ancora in attesa che un amico con la barca possa raggiungere la cala per togliere ogni cosa... C'è anche una carcassa di piccola foca monaca e siamo tutti un po' tristi di trovarla lì: Manolis ci racconta emozionato della volta in cui è arrivato in kayak sulla stessa spiaggia e ha trovato una piccola colonia di otto esemplari che si sono lasciati avvicinare ed accarezzare a lungo.
Doppiare il capo di Drapanos sembra impegnativo: il mare è cresciuto, le onde si sono ingrossate, i frangenti sono molto più frequenti. Mauro ed io pensiamo per un attimo che non abbiamo nessuna voglia di prestare assistenza, fare salvataggi o recuperi... Ma è un pensiero talmente fuggevole che quasi non facciamo a tempo a formularlo: Manolis urla "Nice swells!" e Nico prende subito a surfarne alcune come fosse la cosa più normale del mondo. Mauro ed io restiamo indietro, un po' interdetti dall'esultanza dei nostri compagni di pagaiata ed un po' appesantiti dai nostri kayak stracarichi. Il primo pensiero diventa il suo esatto contrario: potremmo essere proprio noi ad avere bisogno di assistenza.
L'escursione lungo il versante settentrionale di Anafi diventa il momento più emozionante della giornata: è battuto da venti Forza 4 e gonfiato da onde di un paio di metri, che sui capi più pronunciati creano lavatrici interessanti e divertenti e che nei golfi più rientrati producono giochi di correnti da studiare e da sfruttare. E' tutto un sali scendi che ci rende felici come bambini: stiamo tutti lì a goderci l'emozione, senza alcun timore, contenti di essere insieme. Quella linea sottile ed invisibile che separa la paura dal piacere, talvolta incomprensibile e spesso inspiegabile, e che in kayak è talmente soggettiva da diventare indiscutibile, può ingenerare incomprensioni e distacchi anche tra grandi amici di pagaia. Ma può anche diventare un collante eccellente per condividere esperienze impagabili e per tornare a cercare di vivere altre emozioni analoghe. Noi quattro oggi siamo in perfetta sintonia, tra noi, col mare e coi nostri kayak.
Il Monolite di Anafi, con la sua invisibile chiesetta bianca sulla cima più alta, ci attrae come un magnete: è il secondo monolite più imponente d'Europa, dopo quello di Gibilterra, e si vede da ogni punto di Anafi, che in pianta ha la forma di un occhio che scruta il mare, con la Chora nella pupilla ed il monolite all'estrema punta orientale. Un delfino compare tra le onde, lo vede Manolis per primo ed una volta soltanto ognuno di noi: ma è sufficiente ad aumentare l'emozione dell'escursione giornaliera in kayak.
I venti che si generano intorno al capo Armeno, l'ultima propaggine orientale dell'isola di Anafi, alto oltre 400 metri sul livello del mare e solcato da gole profonde come canyon verticali, sono del tutto imprevedibili e creano dei gorghi che risucchiano e spingono in maniera sempre diversa e anche pericolosa. Quando noi pagaiamo sotto le sue scogliere strapiombanti, il vento prima ci spinge con foga, poi sembra disinteressarsi alla nostra presenza ma infine ricompare con tutta la sua potenza e ci blocca. Niente, pagaiamo con tutte le nostre forze, chini sui ponti, testa bassa e pagaia ancor più bassa, ma niente: avanziamo di poco, di niente.
Poi succede qualcosa, come sempre, ed il vento ci lascia finalmente passare.
Costeggiamo fino alla piccola caletta ai piedi della chiesa bianca di Aghi Anarghyri: Nico fuma una sigaretta, Mauro si sgranchisce le gambe, Manolis continua a raccontarci della sua isola.
Rientriamo dopo il tramonto, sbarchiamo sulla nostra spiaggia che è ormai notte fonda ed i quattro vicini di tenda si offrono di aiutarci a tirare in secca i nostri due pesanti Voyager.
Ci ritroviamo in taverna per le ultime chiacchiere della sera, per riassumere a Roberta le emozioni della giornata e per programmare le prossime cose da fare tutti insieme.

Manolis racchiude gli italiani in un solo scatto mirabile: Thanks Manolis, this picture is really great!
Su e giù tra le onde del versante settentrionale di Anafi
Si capisce che ce la siamo goduta?!?
Ecco, magari adesso godiamo un po' meno: il trasporto funebre è stato organizzato.
Incontri di fine giornata

Mercoledì 17 agosto 2016 - 55° giorno di viaggio
Ormos Klisidhi - Ormos Klisidhi, Anafi (0 km)
Vento NW 22-25 (F6) - Mare mosso - Temperatura 26°C
Accettiamo finalmente l'invito di Manolis di andare a fare colazione nel bar del suo albergo: la vista dalla terrazza è strepitosa, aperta sul Monolite di Anafi.
Non ci spostiamo più da lì fino al primo pomeriggio, sia perché il luogo invita alla sosta meditativa e sia perché Manolis non la smette più di tirare fuori libri fotografici, volumi storico-archeologici ed opere monografiche su Anafi, che noi avidamente consultiamo non appena lui finisce di sfogliarle: ci racconta tutto, dalle abitudini recenti alle tradizioni più antiche, dalle curiosità più amene sugli isolani alle inspiegabili costruzioni ciclopiche del monastero, dalla realizzazione della diga ai problemi della discarica. E' tutto un flusso ininterrotto di informazioni da capogiro, che però a noi quattro offrono l'occasione unica ed impagabile di entrare ancor meglio e ancor di più nello spirito di Anafi.
L'altro giorno Nico e Roberta ci avevano guidato fino al piccolo monastero di Agios Antonios, affacciato sul mare della costa settentrionale dell'isola. Avevamo camminato per oltre un'ora lungo un sentiero ben tracciato che sale e scende per tre vallate adiacenti e ad un certo punto avevamo anche potuto apprezzare i vecchi terrazzamenti di Anafi: in una delle vallate più protette ed ombreggiate un contadino cura con passione un piccolo appezzamento di terra, probabilmente con l'aiuto del mulo che in zona ha lasciato diverse tracce evidenti e recenti. C'è una pozza d'acqua dolce, un fico selvatico, qualche pianta d'uva, un orticello con pomodori e ortaggi vari. C'è anche un oleandro rintanato nella gola e qualche arbusto di ginepro coccolone: il contadino deve essere anche un poeta perché ha piantato un bellissimo esemplare di rosa bianca e più in la, prima del canneto, ha riservato una piccola aiuola a delle rigogliose violacciocche colorate.
Oggi Manolis ci offre la visita guidata in auto dell'interno dell'isola e ci fa scoprire altri mille segreti di Anafi.
Gli sterrati sono tutti in ottime condizioni e l'unica strada asfaltata che corre tra la Chora, il porto e la costa meridionale è molto frequentata dai frequentatori delle spiagge di sabbia rossa che punteggiano il litorale. Sono prese d'assalto dai campeggiatori liberi organizzati che ovunque si sono installati sulla costa meridionale di Anafi, ma il profluvio di tende colorate, teli lisi ed asciugamani consumati crea un ambiente allegro ed animato. Pure silenzioso ed ordinato: gli unici tintinnii sono quelli dei braccialetti e delle cavigliere delle ragazze che, spesso nude, corrono su e giù per la spiaggia con i vari cani che si sono portati dietro in vacanza. Le lingue sono le più diverse, rumeno, inglese, spagnolo, israeliano ed austriaco, ma tutte sono usate quasi sottovoce, per non alterare troppo l'equilibrio magico creato sull'isola da questa masnada irregolare ed irrequieta di fricchettoni fuori tempo massimo. Alcuni vendono collanine e ciondoli e io non resisto alla tentazione di prendere quell'agata blu come il mare di Anafi che si intona perfettamente al mio vestitino estivo.
Manolis ci conduce al termine dell'escursione e dell'isola: l'ultima tappa è la casa di Mr. Manolis, arroccata in alto sullo sperone roccioso che si affaccia sulla bellissima spiaggia di Livoskopos, di cui mi innamoro all'istante e dove Nico e Roberta hanno trascorso l'intera giornata. Mr. Manolis è l'ultimo dei muratori dell'isola, l'ultimo isolano che ancora vive senza acqua corrente e luce elettrica in casa, l'ultimo contadino che ancora usa il mulo per andare e tornare dalla Chora per i pochi acquisti giornalieri, tabacco, pane e qualche medicina. Ha un piccolo appezzamento di terra che coltiva da solo, qualche pomodoro, un po' di grano e soprattutto tre asinelli che fanno impazzire di gioia Manolis il giovane, la nostra guida d'eccezione. Trascorriamo il resto della serata, finché non sorge la luna piena, dando da mangiare frutta fresca a pezzettoni al ciuchino più giovane ed intraprendente e poi lentamente torniamo in auto fino alla Chora.
Ceniamo tutti insieme, chiacchierando di fisica quantistica, didattica del kayak e cucina tradizionale greca... anche quando non passiamo l'intera giornata in kayak, ci capitano cose inverosimili, indimenticabili ed impagabili.

Manolis ci conduce alla scoperta dell'interno di Anafi: una casa di campagna con i due forni
Il suggestivo ingresso del monastero di Anafi
Ormos Klisidhi, la "nostra" spiaggia occupata da uno dei campeggi liberi organizzati di Anafi
Si vede poco ma c'è: il monastero sul Monolite!
Uno degli scorci dal mare del Monolite di Anafi

Giovedì 18 agosto 2016 - 56° giorno di viaggio
Ormos Klisidhi - Ormos Livoskopos, Anafi (20 km)
Vento NW 13-16 nodi (F4) in attenuazione dalle ore 15 - Mare poco mosso - Temperatura 26°C
Oggi cambiamo campo.
Dopo sei notti trascorse esattamente nello stesso quadrato di sabbia rossa sulla spiaggia di Klisidhi, cominciamo a sentirci un po' come delle sardine in scatola: i nostri nuovi vicini di tenda cominciano a chiacchierare animatamente già alle sette del mattino e per noi che abbiamo fatto tardi in taverna è un po' troppo presto.
Abbiamo sempre smontato ogni mattina la nostra piccola tendina, per risparmiarle le intemperanze del Meltemi, che per alcuni giorni ha battuto l'intera isola di Anafi con raffiche forti e costanti. Abbiamo invece lasciato sul posto il sotto-tenda nero, giusto per delimitare il nostro piccolo spazio vitale e soltanto una sera abbiamo trovato la sgradita sorpresa dei vari sassi usati per ancorare la tenda "rubati" per picchettare altre tende vicine: erano facili da riconoscere, i "nostri" sassi, li avevo ripescati con cura dal fondo del mare, ad un metro dalla battigia, per non dover scarpinare fino alla base della scogliera, ed erano ancora tutti belli ricoperti di una leggera patina verdastra. Ne abbiamo raccolti altri, nel cuore della notte, vincendo la stanchezza e la tentazione di montare senza rinforzi: è stato l'unico episodio di difficile convivenza nel campeggio libero organizzato della spiaggia di Klisidhi.
La verità è che dopo così tanti giorni in mare da soli, spesso in silenzio durante le lunghe traversate, sempre assorti dalla bellezza della natura all'intorno e talvolta rapiti dai nostri pensieri bislacchi, sei lunghe giornate trascorse nello stesso posto ci sono sembrate un po' troppe e un po' troppo lunghe. Decidiamo di pagaiare intorno ad Anafi in senso antiorario, così da godere degli stessi panorami da una prospettiva diversa, che è un po' come vedere un'isola diversa!
Partiamo dal porticciolo di Anafi dopo l'ennesima colazione a base di dolci zuccherosissimi consumata nel "solito" bar. Prima passano Nico e Roberta per un ultimo saluto, poi arriva anche Manolis che ci vuole raccontare ancora delle cose. Alla fine partiamo che sono le quattro del pomeriggio, dopo avere dedicato oltre mezz'ora a ripulire il mio kayak dalla sabbia che un'onda più impertinente delle altre gli ha riversato dentro in quantità esagerata.
Il monolite di Anafi ci richiama ancora come una calamita e noi filiamo verso il suo capo a velocità sostenuta, col vento per una volta in poppa. Quando doppiamo il capo, il vento cala e ci lascia proseguire con tutta calma: costeggiamo così il tratto di costa che l'altro giorno avevamo invece tagliato al largo per sfruttare i giochi di onde e correnti.
Torniamo sotto il monastero, sotto la cappella bianca di Agios Antonios, sotto le gole che Manolis ci ha mostrato da terra. Riconosciamo ogni singola caletta, ogni più piccolo ridosso, ogni più nascosto triangolo di sabbia. Saremmo quasi tentati di sbarcare un po' prima della nostra meta finale, in una spiaggetta così incassata tra le rocce, così protetta e ombreggiata da sembrare davvero un piccolo angolo di paradiso. Ma Ormos Livoskopos m'è entrata nel cuore e Mauro asseconda il mio desiderio di passare una notte lì.
E veniamo premiati.
La luna piena sorge così rossa e così grossa dal mare, esattamente tra i nostri due kayak tirati in secca sulla spiaggia di sabbia fine, che sembra un palloncino colorato che pian piano si perde nel cielo nero. Quando cresce e diventa tutta dorata, la sua scia si stende in mare ed illumina il nostro campo, la nostra cena e le nostre ultime confessioni notturne.
Anafi ci regala un'altra notte da sogno.

La nostra notte da sogno su Ormos Livoskopos
L'ultimo campo su Anafi ad Ormos Livoskopos
Le informazioni generose di Manolis su Santorini: thanks so much, Manolis, for your time and all the infos!!!
Il saluto da Anafi prima della traversata su Santorini
Dopo aver messo piede su Anafi, riprendiamo titubanti l'esplorazione di Santorini...

Venerdì 19 agosto 2016 - 57° giorno di viaggio
Ormos Livoskopos, Anafi - Monolithos, Santorini (29 km)
Vento NW 8-10 nodi (F3) in attenuazione dalle ore 12 - Mare da mosso a poco mosso - Temperatura 25°C
E non è ancora finita, anche quando pensiamo che sia finita per davvero.
Oggi le previsioni meteorologiche ci offrono le condizioni ideali per traversare su Santorini.
Non abbiamo più nessuna scusa plausibile per restare ad Anafi.
Smontiamo il campo un po' controvoglia, perché invece di ragioni per rimanere sull'isola ne avremmo a iosa. Manolis viene a farci la sorpresa di un ultimo saluto e per aiutarmi a superare la tensione di rimettere piede sull'isola del secondo furto, ci regala un'altra fittissima serie di informazioni su Santorini, come neanche un esperto operatore turistico avrebbe saputo fare. Per contenere al massimo la mia ansia, Mauro accetta anche di impostare la traversata esattamente nello stesso punto dal quale siamo partiti, così da non avere il pensiero, una volta dall'altra parte, di cercare un luogo altrettanto sicuro e confortevole di quello che avevamo lasciato prima di traversare su Anafi. Perché forse ci siamo bellamente dimenticati di dirlo, ma la mattina in cui abbiamo lasciamo Santorini per Anafi, il contadino del campo davanti al quale avevamo montato (e appena smontato) la tenda, si era affacciato per regalarci due grossi cetrioli freschi e profumati e ci aveva anche lasciato il cancello aperto, per farci intendere che se avessimo voluto saremmo potuti entrare per fare "spesa" a nostro piacimento tra gli altri suoi ortaggi.
Era stato il saluto gentile di Santorini, che però poco era riuscito a fare dopo l'esperienza negativa del furto e dell'assalto del pazzo gesticolante. Speriamo solo che l'isola più turistica delle Cicladi non ci riservi altre brutte sorprese: anche per questo lasciamo Anafi contro voglia!
Ad un certo punto, mentre siamo ancora intenti a chiacchierare, compaiono sul sentiero che conduce giù alla spiaggia di Livoskopos anche Nico e Roberta: pensavano fossimo già partiti, senza avere ben realizzato che i nostri tempi mattutini si avvicinano davvero a delle ere geologiche, specie quando si tratta di risistemare i kayak.
Oggi siamo ancora più lenti del solito ed abbiamo un'altra ottima scusa per ritardare la nostra partenza da Anafi: mangiamo tutti insieme i manicaretti che Manolis ha portato con sé. Quando ha raccontato alla madre di avere degli amici tanto pazzi da essere partiti da Atene oltre 50 giorni prima e che si stavano accingendo a fare il percorso inverso, la poveretta non poteva crederci e ha preparato torte salate, pasticcini di formaggio e biscottini di sesamo per un mezzo reggimento.
Così satolli, dopo pranzo e dopo gli ultimi convenevoli, ci mettiamo in mare.
Manolis ci accompagna fino al capo settentrionale e poi ci lascia traversare.
Le previsioni stavolta non ci prendono per niente.
Doveva essere una pagaiata tranquilla, con vento tranquillo e onde tranquille ma dopo poco più di un'ora diventa tutto tutt'altro che tranquillo: il vento si alza, le onde crescono e le correnti ci impegnano in continue correzioni di rotta. Fortuna che le lunghe giornate di riposo ad Anafi ci hanno lasciato un grande senso di rilassamento generale: i pensieri corrono via leggeri e veloci come poche altre volte in traversata e le cinque ore e mezza che ci tocca combattere in mare aperto tra frangenti e spruzzi e folate impreviste non ci sembrano poi così faticose.
Inoltre, sbarchiamo a 20 metri dal punto previsto, ritroviamo l'impronta lasciata dalla nostra tenda otto giorni prima, e persino gli stessi sassi di pietra lavica usati come piedi. E ritroviamo, neanche a dirlo, lo stesso contadino, che esce a salutare, ci riconosce e con un sorriso ancora più grande della settimana passata ci porta altri cetrioli, ben più grandi, maturi e succosi degli altri!
Santorini ci accoglie in maniera amichevole.
Ed Anafi ci saluta in maniera meravigliosa.
La luna rossa sorge proprio dietro il suo profilo, ancora piena e grossa da avvolgere tutta l'isola ormai lontana: la sua scia dorata si allunga in mare fino a raggiungere le poppe dei nostri kayak, ormai in secca sulla spiaggia di sabbia nera, ma è come se un legame speciale fosse ancor lì a tenerci vicini all'isola più bella ed emozionante delle Cicladi.
Anafi ci è rimasta nel cuore!